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BPM: operazione arrocco

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«In tre anni ho visto cose e fatto cose che voi umani non vedete in due esistenze». Echeggia il famoso monologo fi­nale di Blade Runner per introdurre il rac­conto della sua esperienza in Banca Popolare di Milano (Bpm), inizialmente come Segretario del Consiglio di gestione e poi nel ruolo di Gene­ral counsel. Parliamo di Carlo Gagliardi (in foto), sei anni in Chiomenti prima di entrare nell’isti­tuto di credito lombardo, dal primo dicembre 2014 General counsel e partner di Investin­dustrial, il fondo di investimento che fa capo all’ex presidente del Consiglio di gestione pro­prio di Bpm, Andrea Bonomi. «Con lui abbiamo lavorato bene», afferma Gagliardi, che intende valorizzare nella nuova avventura le competenze sviluppate in studio, dove si occupava di private equity e M&a, e l’esperienza vissuta in Bpm che gli ha forni­to un orizzonte molto più ampio. Gagliardi è infatti uno dei più chiari rappresentanti di una nuova stirpe di avvocati d’affari che si sta facendo strada, vale a dire quella dei General counsel all’anglosassone rispetto alla quale probabilmente il termine “in- house” sta stret­to. Spiega Gagliardi: «La figura del General counsel è di importazione, non è tipica delle aziende italiane. Vede aspetti legali, societari,fiscali e sul suo tavolo finiscono gli aspetti ve­ramente problematici della struttura. Quando un presidente o un Ad chiedono lumi il Ge­neral counsel ha una visione più ampia e ri­esce a dare risposte che sono buone non solo nella circostanza». La parabola di Gagliardi in Bpm e la stessa evoluzione della banca, che ha vissuto stagioni decisamente problematiche, sono lì a dimostrarlo. La figura del General counsel nella Popolare di Milano è stata introdotta proprio con l’avvo­cato ex Chiomenti i primi giorni di giugno 2012, « invitato in maniera insistente dall’allo­ra Consigliere delegato Piero Montani». Poche settimane prima, quando la direzione legale faceva ancora riferimento al vice-direttore ge­nerale, la banca veniva investita dalla bufera dell’arresto del presidente Massimo Ponzellini, determinando un contesto, per dirla con Ga­gliardi, «terrificante». Alla luce dei fatti si ca­pisce l’urgenza dell’istituto di rivoluzionare le gerarchie interne, attraverso un’operazione che in qualche modo ricorda negli scacchi la mossa dell’arrocco. Tale manovra sposta il re – il pez­zo più importante – in una posizione più sicu­ra allontanandolo dal centro della scacchiera e porta una torre, pedina non di primo piano, in una posizione più attiva. Allo stesso modo la banca, sotto scacco, ha portato in prima linea una funzione fino a quel momento non ritenuta strategica, per difendere la sua stessa esisten­za, minacciata dalla crisi potenzialmente ge­nerabile da questa situazione. «Ti arrestano il presidente accusato di truffare la banca e noi gestiamo soldi: è un lavoro fiduciario e la pri­ma reazione che il cliente può fare è di portarli via. Questo è il più grande danno che possiamo subire». Procura della Repubblica, Guardia di Finanza in banca ogni due ore, Consob, Banca d’Italia: i risvolti sono inquietanti, e il General counsel si trova a essere investito della difesa della banca non solo davanti alle autorità ma anche nei confronti dell’opinione pubblica. «Lavoravamo sempre e continuamente con l’Investor relator e la comunicazione. Devi ge­stire gli investitori, la stampa, diluire l’impatto mediatico, spiegare che quello non è più il tuo presidente. È un lavoro corale, e chi si occupa di aspetti legali è nell’occhio del ciclone». Il presidio dell’intero processo di risana­mento successivo alle inchieste penali e ispet­tive della Banca d’Italia, che ha riportato fuori dall’area di rischio regolamentare tutte le fun­zioni nonché ricostruito il valore attraverso la riforma della governance, è valsa a Bpm il pre­mio come Direzione dell’anno ai TopLegal Cor­porate Counsel Awards lo scorso luglio. Durante il 2012, oltre all’affaire Ponzellini, si aggiungono altre vicende penali e gli strasci­chi della patata bollente del “Convertendo”. Nel 2013 bisogna invece strutturare un’operazione molto complessa: la trasformazione della ban­ca da cooperativa in Spa. Tale iniziativa, pre­ceduta dalla sonora bocciatura della revisione della governance da parte dell’assemblea, viene accantonata a causa delle avversioni dei soci­dipendenti e dei sindacati, provocando perico­lose fratture tra il consiglio di gestione e il con­siglio di sorveglianza. E così, data la debolezza patrimoniale della banca, i vertici decidono di concentrarsi su un aumento di capitale che a causa dei terremoti che ha investito gli organi dirigenziali, in una situazione resa ancora più difficile dagli add- on (i requisiti prudenziali aggiuntivi) della Banca d’Italia e dalla necessità di rispettare gli asset quality review richiesti dalla Bce, riuscirà a vedere la luce solamente nel corso di quest’anno e per mano di un nuovo Consigliere delegato, Giuseppe Castagna, su­bentrato all’inizio del 2014. Il progetto di trasformazione della for­ma societaria, pur non andando in porto, ha creato non poche tensioni, investendo an­che Gagliardi. Nello specifico parliamo delle consulenze, affidate tra gli altri allo studio Chiomenti. Stampa, Consob e audit interno hanno sollevato rilievi su questo affidamento, evidenziando il legame di sangue intercor­rente tra Carlo Croff, socio di riferimento di Chiomenti, e il fratello Davide, Consigliere di gestione e per qualche mese, tra l’era Montani e l’arrivo di Castagna, anche Consigliere dele­gato. Gagliardi, cresciuto proprio in Chiomen­ti, ha giustificato il tutto a Consob – che chiedeva alla Banca se la fattispecie poteva configurare un’operazione tra parti correlate – evidenziando il limitato importo della con­sulenza in oggetto. Di fatto una tecnicalità, ma a noi ha tenuto a sottolineare una questio­ne fondamentale nel mondo degli affari che tuttavia si presta a differente interpretazione. Gagliardi distingue infatti tra consulenze «fungibili» (a basso valore aggiunto) e «infun­gibili», cioè quelle che per natura, dimensione, momento, e necessità di rapidità sono estrema­mente delicate e possono essere assegnate solo a un ristretto numero di professionisti. Ebbene, se per quanto riguarda le prime Gagliardi ha in­trapreso la strada della più profonda trasparen­za, strutturando una convenzione che tutti gli studi che intendono lavorare con Bpm devono firmare, e in base alla quale gli incarichi vengo­no assegnati in maniera circolare, per le secon­de il tema si vincola a una meritocrazia sogget­tiva. Entra infatti in gioco il cosiddetto «intui­tu», cioè la relazione fiduciaria tra committente e consulente imprescindibile per affrontare insieme tematiche sensibili. «Sfido chiunque a dire che il prof. Portale o che il prof. Muccia­relli non siano tra i più grandi nomi del diritto del nostro Paese. O che Chiomenti non sia tra gli studi più importanti in Italia», reagisce Ga­gliardi. In effetti è difficile accogliere tale sfida, tuttavia si tratta di un tema su cui le autorità regolatorie si sono mostrate finora passive e su cui non si può glissare per fornire un’adeguata supervisione del mercato facendo affidamento esclusivamente su criteri quantitativi. L’introduzione della convenzione è solo una delle innovazioni introdotte da Gagliardi. Ci­tiamo, tra le altre, l’abilitazione della firma su tablet che consente all’istituto risparmi in ter­mini di archiviazione evitando – come accaduto – di soccombere in lite per smarrimento della documentazione. Di questo si è occupata l’area quantitativamente ( per risorse e budget) più im­portante del legale, vale a dire quella denomina­ta “Affari legali” che si occupa del core business della banca e che vale un 40% della struttura. Complessivamente il General counsel si è tro­vato a gestire uno «studio interno» di circa 110 persone, cresciute dagli eventi sopraggiunti ne­gli ultimi anni. «Ho cercato di convincere tutti che sono interni ma professionisti », ha com­mentato Gagliardi. E questo sviluppo, a suo giu­dizio, renderà negli anni più difficile la vita degli studi: «È chiaro che non me la raccontano: que­sto sviluppo può essere un ostacolo o un fattore di selezione degli studi, i quali dovranno offrire servizi davvero a valore aggiunto, perché chi sta dall’altra parte è in grado di capirne l’utilità». Per dirla alla Blade Runner: «I tempi di reazione sono importanti quindi fai attenzione». La sfida agli studi per il loro rinnovamento è lanciata. Articolo pubblicato in TopLegal, numero di dicembre 2014

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